Salire sul palcoscenico? La stessa sensazione di chi si innamora per la prima volta. La storia di Michel 

Michel è un ragazzo di 20 anni, originario del Camerun, arrivato in Italia quando di anni ne aveva 16. Oggi vive a Salerno dove studia, lavora e coltiva le sue tantissime passioni. Stranieriincampania l’ha incontrato a Contursi Terme durante un’attività legata al progetto Impact Campania. Dopo poche parole, si intuisce subito che Michel è molto attivo, pieno di interessi e con una forte voglia di raccontare, per questo gli abbiamo chiesto di condividere con i nostri lettori la sua esperienza da quando è arrivata Italia. 

Ciao Michel, cosa ricordi del tuo arrivo in Italia?

Sono arrivato a Salerno verso le 8 di sera, dopo qualche giorno di viaggio tra gommoni e barche della Marina. Non è stato facile ma per me è stato un grande piacere arrivare qui, dove adesso mi sento a casa, nonostante le difficoltà che affrontiamo tutti i giorni. Quando sono sbarcato a Salerno sono entrato in un centro di accoglienza a Battipaglia e dopo, per un errore, sono stato spostato in un centro per adulti a Campagna senza capire come, perché ero ancora minorenne. Poi sono stato finalmente trasferito al centro per minori a Piagine con La Rada e poi a Salerno al centro La Tenda. Sono uscito dal centro La Tenda poco prima di fare l’esame di Stato per prendere la Maturità. 

Che scuole hai frequentato?

Ho fatto il Liceo Linguistico Alfano I di Pastena, dove ho studiato francese, inglese, italiano e spagnolo. Quando sono arrivato in Italia parlavo anche l’arabo, ma sono ormai quattro anni che non lo parlo anche se capisco ancora gli altri ragazzi e ascolto delle canzoni in arabo ogni tanto. So che dovrei conservarlo, anche perché le lingue sono la mia passione e mi riesce abbastanza facile impararle. Già durante il liceo lavoravo, oggi sono iscritto all’Università di Fisciano al corso di laurea in Discipline delle Arti Visive, della Musica e dello Spettacolo. Ho scelto questa facoltà perché volevo avvicinarmi al mondo dell’arte che mi appassiona. In precedenza avevo già frequentato il Teatro delle Arti, partecipando al laboratorio di Antonello Ronga e poi suono le percussioni africane e mi sono esibito al Teatro Augusteo due anni fa con i Pangea, dei ragazzi italiani che hanno fatto il mio stesso liceo. 

Quando hai scoperto questa passione?

Una sera mi hanno visto suonare e mi hanno chiesto di unirmi a loro. Io ho sempre fatto teatro e desideravo entrare in quel mondo perché quando salgo sul palco mi sento un’altra persona, riesco ad esprimermi, a mandare messaggi ed anche ad imparare cose. La prima volta che sono riuscito veramente a fare teatro come si deve e portare a termine uno spettacolo è stato 3 anni fa con Gina Ferri, al Teatro Diana. Lo spettacolo si chiamava “Quartieri di Vita” me lo ricordo benissimo. E’ stato incredibile perché ho avuto la possibilità di portare sul palco una poesia che ho scritto io, sulle abitudini delle persone. Non avevo mai vissuto il teatro in una maniera così concreta, non pensavo ancora a cosa vuol dire salire sul palcoscenico con tutta quella adrenalina. E’ stato stupendo. 

Cosa hai provato la prima volta che sei salito sul palco?

La prima volta avevo paura di sbagliare qualcosa, ero carico e pieno di adrenalina. Era un po’ come la sensazione che prova chi si innamora per la prima volta: il cuore mi batteva fortissimo, mi sentivo diverso. Poi quando lo spettacolo è iniziato, la tensione è sparita ed è stato bellissimo. Da qual momento ho capito che quello era il mio posto. Naturalmente ci siamo dovuti fermare per il covid, ma stiamo lavorando con Antonello ad uno spettacolo su Cechov che andrà in scena a breve.

Che lavoro fai?

Oltre allo studio e al teatro, lavoro in un ristorante macrobiotico, sempre qui a Salerno. Come lavoro mi piace, anche perché facciamo dei piatti particolari e questo è molto interessante, chiaramente mi sento un po’ in gabbia perché nei ristoranti si lavora di più quando gli altri sono liberi  ma mi piace essere indipendente ed il lavoro mi permette di esserlo. Certo non è facile, bisogna rimanere concentrato, mi sono tagliato parecchie volte, soprattutto all’inizio. 

Immagino, soprattutto per un musicista conservare tutte le dita è importante…

Sì infatti, una volta avevo la mano fasciata e dovevo fare uno spettacolo in cui suonavo le percussioni, per fortuna alla fine ce l’ho fatta. Io sono così, se c’è qualcosa da fare, io la faccio con tutto l’impegno e la passione possibile perché voglio trasmettere il mio messaggio alla gente e dimostrare a me stesso che posso superare ogni ostacolo.  

Come ti trovi a Salerno? 

Mi trovo bene, ho i miei spazi e riesco a concentrarmi sullo studio e sulle altre cose. Salerno mi piace, perché c’è la mentalità aperta da città, anche se anche qui trovi sempre quel gruppo di persone che, non so se per ignoranza o per altro, cerca di provocare o di discriminare. Per fortuna qui ho la mia piccola famiglia fatta da persone che mi vogliono bene e con cui ho condiviso delle cose. Oggi, infatti, posso dire di avere quattro madri e due padri, con cui passo tutte le festività. So che quando ne sento il bisogno posso presentarmi da loro, anche all’improvviso. Inoltre qui riesco a fare tante cose, dopo il lavoro vado agli allenamenti di atletica: salto in lungo e cento metri. In futuro mi piacerebbe molto fare l’attore o lavorare in un’associazione che dia sostegno alle persone in difficoltà, per questo a breve inizierò il servizio civile in un centro per bambini. Aiutare gli altri e comprenderli mi piace molto

Università, teatro, servizio civile, atletica, lavoro: ti bastano 24 ore?

Sì sì, chiaramente adesso con il servizio civile dovrò abbandonare gli allenamenti di atletica, ma approfitterò della domenica per andare a correre o fare qualche passeggiata. Non è questione di quanto sia impegnativa la mia giornata, nel mio Paese si lavora 12/13 ore al giorno, siamo abituati così e non vedo nessuna difficoltà. 

Cosa ricordi del Camerun?

La famiglia, le mie sorelle, mia madre e un fratello che non voglio faccia i miei stessi errori, che mi hanno costretto a non vedere la famiglia per molto tempo. Ho molti ricordi, dei miei amici, con cui mi sento ancora ogni tanto, dei miei nipoti che adesso sono diventati dodici, loro sono il ricordo più bello del mio Paese. Fino adesso non sono ancora tornato e forse è ancora presto. Nessuno sapeva che me ne sarei andato, io sono sempre stato per i fatti miei non dicevo niente a nessuno e forse questo mi ha portato a fare degli errori, anche se lì studiavo, lavoravo e avevo una casa. Studiare per me rappresenta molto e mi piaceva farlo. Sento spesso mia madre e mi chiedono spesso di quello che faccio, come sono le persone che frequento e mi chiedono di essere sempre responsabile nelle mie scelte. 

Salerno, 23 luglio 2021