Event Single

Event Info:

  • 08 nov 2019
  • 21.00
  • Napoli, Mostra d'Oltremare

La danza contro la paura dello straniero: artisti da tutto il mondo per il Napoli Ballet Gala

 

 

Andrà in scena al Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare, venerdì 8 novembre alle ore 21, il “Napoli Ballet Gala”. Lo spettacolo vedrà esibirsi sul palco artisti provenienti da tutto il mondo intorno al tema dell’accoglienza. La direzione artistica è a cura di Gennaro Carotenuto, direttore dell’Accademia del Balletto di Pompei, e di Andrey Lyapin, direttore artistico del Moscow Ballet La Classique di Mosca.

 

Alla serata prenderanno parte le compagnie dei teatri russi del Mariinsky Ballet Theatre, Mikhailovsky Theatre, Grigorovich Ballet Theatre, Kremlin Ballet Theatre e del teatro San Carlo di Napoli. Sul palco si esibiranno anche due tra i più affermati artisti internazionali: la ballerina ucraina Principal Dancer del “Mariinsky Ballet”, Oksana Bondareva, e il ballerino russo Principal Dancer del “Mariinsky Ballet”, Andrey Ermakov. Infine, ci sarà il richiamo vero e proprio al tema delle migrazioni con la coreografia ”Sognatori” di Francesco Capuano e interpretato da un corpo di ballo formato da trenta giovani danzatori campani. La danza, dunque, diviene forma di contrasto alla paura dello straniero.

 

Parte del ricavato della serata servirà a finanziare il progetto di cooperazione in Costa d’Avorio “Una goccia d’acqua per Broudoumè”. Un villaggio di 3mila persone dove manca l’acqua per vivere e irrigare perché le uniche quattro pompe sono fuori uso da quasi vent’anni.

 

Tra i promotori dell’evento c’è l’associazione Hamef, composta da migranti provenienti dalla Costa d’Avorio che vivono e lavorano a Napoli. Per saperne di più Stranieriincampania ha contattato la presidente Fatuo Diako.

 

 

Ciao Fatuo, puoi spiegarci come nasce questo evento?

Io sono originaria della Costa d’Avorio, vivo a Napoli da quasi 20 anni. Nel 2012 ho fondato questa associazione Hamef con l’obiettivo di tutelare i diritti degli immigrati. Perché l’immigrato è una persona, ha una sua identità, ormai ci chiamano tutti immigrati però io cerco di far capire alle persone che ognuno di noi ha un sogno, qualcosa da dimostrare, da far conoscere. La prima cosa che noi facciamo è proprio l’ascolto, che è una cosa importante, perché ascoltando i ragazzi abbiamo scoperto che ognuno di loro ha un talento. E conoscendo i loro interessi sono riuscita ad organizzare degli eventi culturali. Sono convinta che solo attraverso la cultura i popoli dialogano. Nel 2017 abbiamo fatto un concerto di musica lirica con un ragazzo ivoriano, che è l’unico che studia al Conservatorio di Terni, accompagnato da una pianista giapponese e da una soprano koreana. Il popolo napoletano accoglie sempre le mie richieste, perché si accorgono che è la cosa migliore, abbiamo perso la voglia di vivere per colpa della politica ci mette sempre uno contro l’altro, c’è la paura del diverso, la paura dell’altro. Questo è sbagliato perché solo se comunichiamo tra di noi ci accorgiamo che possiamo convivere. L’accoglienza è questa, aprire le porte di casa ad uno straniero, gli insegni la tua lingua e la tua cultura, e automaticamente impari anche la cultura della persona che hai davanti.

 

Quindi l’idea è quella di mettere a confronto la cultura di due popoli?

Io cerco sempre di lanciare un messaggio: voi avete accolto un popolo diverso dal vostro e quindi abbracciate delle culture e questo arricchisce ognuno di noi. Perché la conoscenza deve essere reciproca. Io mi sento una persona molto fortunata, sono stata accolta da questa bellissima città e da questo bellissimo popolo napoletano. Così io cerco di sensibilizzare i ragazzi immigrati a conoscere questo popolo, a conoscere l’arte, i luoghi che rappresentano la cultura dei napoletani.

 

Al Teatro Mediterraneo, per esempio, l’immigrato di solito non si avvicina perché non lo conosce. Tende a parlare solo del permesso di soggiorno, che è una cosa importantissima ed io sono la prima  a scendere per strada per i diritti di tutti, ma la nostra vita non deve ridursi a questo. Al centro della nostra città dobbiamo mettere prima le persone.

 

In che modo la danza diventa strumento di integrazione?

La solidarietà ognuno di noi la dimostra a modo suo, noi lo facciamo scendendo per strada, poi c’è chi lo fa recitando, c’è chi lo fa cantando e chi lo fa danzando. La danza classica è una cosa lontana da noi, però ci sono tanti ragazzi napoletani che studiano ed esprimono la loro solidarietà ballando. Ed è quello che io voglio far vedere l’8 novembre portando una compagnia di 30 ragazzi con una coreografia di Francesco Capuano sui viaggi. Infatti i ballerini avranno 30 valigie con loro, piene di ricordi, ma anche di speranza e di sogni. Il futuro è incerto. La danza classica non fa parte della nostra cultura, noi non la balliamo, ma io cerco sempre di fare cose diverse e miste, oltre la danza tradizionale, per dire che intorno a me non girano solo gli africani anche gli italiani, così di avvicinare un po’ gli uni agli altri.

 

Quale può essere secondo te il modo per far dialogare queste due culture?

Se noi non parliamo tra di noi resta la paura dell’altro. Io cerco sempre il contatto umano con le persone, non devono avere paura di me perché sono nera. Perché la diversità è la nostra ricchezza.Voglio far vedere agli immigrati, ma anche ai napoletani, il talento dei giovani campani. Inoltre siamo riusciti a far arrivare grandi danzatori dall’estero e molti vedranno per la prima volta esibirsi questi artisti dal vivo. Questo è stato possibile anche grazie all’Accademia del Balletto di Pompei, dove io spesso vado a parlare di accoglienza ed integrazione. Tutti sono abituati a vederci con il nostro tamburo, arriva l’africano prende il suo tamburo e fa lo spettacolo, però io dico: oggi voglio lasciare il tamburo e guardare la cultura italiana ed europea. Faccio un appello al pubblico napoletano e anche agli stranieri di non perdersi questa occasione di crescita collettiva. Io di solito sono in prima fila per gli immigrati, oggi voglio farlo per i ragazzi campani.

 

Cosa genera tutta questa diffidenza nei confronti dello straniero?

L’odio si sta diffondendo nel cuore di tutti. Io capisco benissimo i problemi che tutti abbiamo, non solo gli immigrati, penso ai dipendenti della Whirlpool con tante famiglie che si trovano per strada. Loro hanno la mia solidarietà, mi sento vicina a loro, perché l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e se noi togliamo il lavoro a queste persone, gli togliamo la dignità. Siamo tutti nella stessa barca, sia gli immigrati sia il popolo che ci ha accolto. L’unica cosa che voglio è che si lanci un bel messaggio, dando valore alla cultura, l’unico strumento che può farci dialogare. L’Hamef punta tutto sulla bellezza della cultura perché fa da ponte tra i popoli.