Tra lavoro e integrazione: le esperienze dei partecipanti al progetto Riac

 

Stranieriincampania ha incontrato Boubacar, Helen e Adam, impegnati in un percorso di inserimento lavorativo nell’ambito del progetto RIACs presso una realtà d’eccellenza nel settore tessile nazionale, la Creation Cris di Napoli, di Nino Campanile.

Boubacar è un ragazzo di venti anni proveniente dalla Guinea e come Adam (suo coetaneo, ivoriano) è richiedente asilo. Con Ellen, che di anni ne ha trentasei ed è titolare di protezione umanitaria, svolgono un tirocinio – totalmente finanziato dall’azienda – presso la Creation Cris di Napoli grazie al quale stanno imparando il difficile mestiere dell’artigianato tessile.

Boubacar è decisamente il più loquace dei tre nel descrivere la sua esperienza: Facciamo di tutto in azienda. Sperimentando più ruoli e aiutando i nostri colleghi, stiamo imparando davvero molte cose.

Chiediamo quindi com’è il rapporto con i colleghi, e tutti ci dicono che questo è ottimo. Sono molto buoni e bravi e questo ci aiuta ad imparare ancora di più, ci racconta Helen.

Adam ci dice anche come, secondo lui, l’atteggiamento mantenuto da loro stessi – mostrarsi sempre disponibili e pronti ad imparare – li abbia aiutati a integrarsi subito e senza problemi in azienda. Le cose più importanti per inserirsi – aggiunge Boubacar – sono la buona educazione, il “buon cervello” e il “buon cuore” . Riflettiamo insieme sull’importanza dell’empatia, del saper “mettersi nelle scarpe degli altri”, per convivere con una nuova comunità lavorativa composta da più di cento persone dove “siamo diventati tutti amici”, ricorda ancora Helen.

Tutti loro stanno provando varie mansioni in azienda e da poco, ad esempio, Boubacar ha raggiunto Adam alle macchine da cucire. È evidente che i progressi raggiunti e la fiducia dei loro responsabili li renda estremamente orgogliosi.

Al di là dell’attività lavorativa che comunque li tiene molto impegnati durante la giornata, Boubacar, Helen e Adam sono ben integrati in Italia tra le uscite con gli amici, gli impegni di formazione linguistica al Centro Rokia e la costruzione di un progetto di vita. Ognuno di loro, accanto al desiderio di continuare a migliorarsi nel nuovo mestiere, ha dei sogni nel cassetto. C’è chi, ispirato dall’esempio del proprio datore di lavoro, vorrebbe un giorno avere una propria azienda, e chi, come Helen, desidera “semplicemente” lavorare per aiutare i più bisognosi: C’è sempre chi ha più bisogno di te. 

L’incontro con Nino Campanile avviene qualche giorno dopo. Campanile è un imprenditore di lungo corso che ha cominciato giovanissimo nel laboratorio di pelletteria di famiglia. Oggi guida una realtà che collabora con marchi di lusso del Made in Italy.

Durante il nostro colloquio, è impossibile non notare come sia fortemente legato alla sua azienda e alla comunità che questa rappresenta; è forte in lui una tensione alla cosiddetta responsabilità sociale, con particolare attenzione all’inserimento e al recupero anche dei più svantaggiati, dai cittadini stranieri agli ex detenuti.

Con questa esperienza certamente ci sono dei “vantaggi morali”, ci sentiamo meglio. Ma ci siamo accorti anche che la volontà di crescita professionale rappresentata da questi ragazzi può essere una grande risorsa per l’azienda.

Qual è l’atteggiamento dei ragazzi rispetto al loro percorso formativo?

C’è sicuramente un grande rispetto per il lavoro, una volontà di affermarsi e migliorare la propria situazione socio-economica. Questo dà peraltro anche un ottimo esempio a quanti – più fortunati – sono magari meno motivati a migliorarsi. Si genera quasi una “sana competizione”, utile all’intera azienda. 

I ragazzi ci hanno raccontato delle tante mansioni che ricoprono.

Cerchiamo di dare a tutti la possibilità di sperimentare diverse funzioni per fare in modo che ci sia una dinamicità aziendale che sia funzionale e utile a tutti.

Spesso i migranti vengono vissuti come un peso, ma non da voi. Ci sono però delle difficoltà burocratiche nell’inserimento?

Qui da noi i lavoratori sono tutti uguali e nessuno è un peso. C’è però una complessità dell’operazione dell’inserimento dei richiedenti asilo che può scoraggiare l’imprenditore. Noi vogliamo creare la possibilità di entrare in azienda ma se “creare lavoro” deve diventare a sua volta un lavoro allora diventa difficile. 

Non deve essere stato facile per i beneficiari del progetto inserirsi poi in una realtà aziendale complessa.

È chiaro che entrare in un settore nuovo come questo può creare difficoltà ma l’aiuto dei collaboratori storici è stato importante e i ragazzi stanno facendo grandi passi avanti. Quella “gelosia del mestiere” che talvolta c’è nell’artigianato qui pare non esserci, anzi, c’è una volontà di condividere le proprie conoscenze. Forse anche in considerazione delle difficili storie dei nuovi colleghi migranti.

Una reazione degli operai storici positiva, quindi.

Positivissima. Li supportano veramente e anzi i capo-settore puntano su di loro. E questo è tanto più importante se si considera che la nostra è una pelletteria di lusso che richiede livelli di attenzione e precisione notevoli.

Una esperienza positiva che potrebbero replicare anche altri imprenditori.

Si, credo fortemente in un progetto del genere. È chiaro, come detto in precedenza, che dovrebbe esserci la possibilità data all’imprenditore di essere più tranquillo sotto il profilo burocratico. Questo per l’azienda ma anche soprattutto per i migranti interessati che, più tranquilli e più sicuri della loro situazione, potrebbero dedicarsi con ancora più motivazione all’apprendimento e alla formazione.

 


Il progetto RIACs – Regional Integration Accelerators, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI- progress AXIS 2014-2020) e  realizzato in Italia da Cidis Onlus, coinvolge altri 7 partner tra cui Amministrazioni locali, Centri per l’impiego, enti di ricerca e ONG provenienti da 3 paesi europei (Germania, Italia, Danimarca) e dalla Turchia. Obiettivo degli interventi è favorire un’integrazione rapida e a lungo-termine dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale nel mercato del lavoro. Inserendo i beneficiari in percorsi di formazione e potenziamento dell’occupabilità si riducono i tempi dell’integrazione e i rischi di demotivazione dei lavoratori.