“Sai di cosa si tratta?” La campagna di comunicazione sulle vittime di tratta

 

Oggi Stranieriincampania vi parla di “”Libere Tutte!”!” e della sua nuova campagna di comunicazione dal nome “Sai di cosa si tratta?”. 

L’Arci di Salerno lavora da più di 12 anni su un progetto chiamato “Fuori tratta” che si occupa di prima e seconda accoglienza per vittime di tratta degli esseri umani. Dal 2017, però, per coprire alcuni aspetti lasciati “scoperti” dal progetto originale, con il contributo di Fondazione per il Sud si è avviato sulle province di Avellino, Caserta, Napoli e Salerno “Libere Tutte!”. Alla sua realizzazione lavora una rete di associazioni: oltre ad Arci – capofila – ci sono Dedalus, Don Tonino Bello, La Rada, Mestieri Campania e Nero e non Solo!. 

Ne parla oggi con noi Barbara Candela, di Arci Salerno, responsabile del progetto.

 

Ciao Barbara. Puoi raccontarci come nasce e di cosa si occupa “Libere Tutte!”?

Nel 2016/17, con l’aumento dei migranti sulle coste africane si sono aperte nuove rotte verso l’Europa. In quel periodo i CAS che accoglievano i nuovi profughi spesso diventavano, inesorabilmente, luoghi dove le organizzazioni mafiose raccoglievano “merce a costo zero” destinate alla prostituzione forzata. “Libere Tutte!”, quindi si occupa di intercettare le vittime di tratta nei CAS e negli SPRAR e cominciare, con un processo fatto di incontri e colloqui, a fare emergere le esperienze di sfruttamento. Una volta intercettate le vittime parte un percorso di riabilitazione e reinserimento sociale che culmina con il coinvolgimento delle beneficiarie in tirocini formativi per l’inserimento lavorativo:  il progetto dà molta importanza a questa fase. Il consorzio Mestieri Campania, partner del progetto, ha infatti questo unico scopo: cercare le aziende adatte per poter fare delle esperienze lavorative a queste ragazze.

 

Da qualche tempo, nell’ambito di “Libere Tutte!” è partita una intensa campagna di comunicazione caratterizzata dallo slogan  “Sai di cosa si tratta?”…

La  campagna è stata inserita per un motivo specifico. Dopo tanti anni di lavoro in questo ambito, ci siamo accorti che c’è grande confusione sul tema della tratta. Spesso le persone pensano che le ragazze arrivino in Italia di propria volontà, per guadagnare molti soldi o per cercare un marito italiano. Un concetto che in realtà è generalizzato sul tema immigrazione. In passato erano le donne dell’est che volevano “rubare i mariti italiani”. 

Abbiamo allora voluto inserire una azione dedicata alla comunicazione con l’idea di smontare i luoghi comuni su queste donne. Non pretendiamo di far comprendere l’intero fenomeno, voliamo basso. Lo scopo è far sorgere qualche domanda in chi raggiungiamo: perché e come arrivano in Italia queste donne? Lo fanno perché vogliono o perché costrette? 

Non è stata facile elaborarla. Abbiamo lavorato per molto tempo per trovare la modalità migliore per arrivare al pubblico e per trovare una formula che mostrasse le donne e le loro storie in modo efficace, e chiaramente senza renderle riconoscibili.

 

Quindi le donne protagoniste della campagna sono effettivamente beneficiare del progetto?

Sì, le ragazze fotografate sono donne che hanno attraversato il tunnel della tratta, che portano anche i segni di quelle storie e che hanno espresso la volontà di raccontare. 

 

Come hanno vissuta la partecipazione?

Da una parte il bisogno di raccontare, di tirare fuori il proprio trascorso, di mostrare il segno delle violenze subite arrivando in Italia. Ma dall’altro c’è un freno emotivo e psicologico enorme. Durante la realizzazione abbiamo vissuto momenti anche molto difficili.

 

Com’è ad oggi la risposta del pubblico?

Bisogna tener conto che la campagna doveva essere innanzitutto stampata e venire affissa per le strade, sui pullman, portata nelle città così che chiunque potesse guardare quelle foto e porsi delle domande. Chiaramente in piena pandemia abbiamo dovuto rimandare questo aspetto e rimodulare il tutto. Abbiamo così deciso di pubblicarla prima sul web per poi tentare di riproporla successivamente nelle città, non appena il coronavirus ce ne darà la possibilità.

Online il messaggio viaggia molto su canali specifici. È girato molto nelle pagine del terzo settore e di quelle organizzazioni che si occupano di immigrazione e sociale e quindi le reazioni del pubblico, che è un pubblico di settore, sono molto positive. Il vero feedback arriverà però appena riusciremo ad uscire fuori, ma per quello dovremo ancora aspettare.

 

“Sai di cosa si tratta?” prevede altre azioni?

La campagna non è finita. Non posso anticiparvi molto ma a brevissimo uscirà la parte finale, una sorta di “bonus track” che chiuderà la campagna online con un video e l’aiuto di un musicista che conosciamo bene. Tutte le immagini verranno  poi raccolte in un libro ed esposte in una mostra. L’idea è esporle dal vivo, nella nostra sede Arci di Salerno. Chiaramente è tutto in divenire per via della pandemia.

 

Alcune delle immagini della campagna sono visionabili nella galleria in calce, per approfondire le attività del progetto, è possibile visitare il sito www.liberetutte.it

 

 

 

18 dicembre 2020