Presentato a Roma il “Piano di contrasto allo sfruttamento e al caporalato in agricoltura”

Presentato a Roma il “Piano di contrasto allo sfruttamento e al caporalato in agricoltura”

 

La Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, ha presentato a Roma il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato in agricoltura (2020-2022). Un documento programmatico nato dalla collaborazione istituzionale tra diversi attori: governo, sindacati, associazioni datoriali e del terzo settore. “La prima strategia nazionale – come si legge nella documentazione – con una governance condivisa e multilivello, per prevenire e contrastare lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura e per offrire alle vittime protezione e reinserimento socio-lavorativo”.

Il Piano arriva a quasi quattro anni dall’approvazione della Legge 199/2016 (Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo), considerato all’epoca un traguardo importantissimo per il contrasto allo sfruttamento lavorativo nei campi – soprattutto a danno di migranti – inasprendo le pene per l’intermediazione illegale e per i “caporali” e chi ne sfrutta il potere.

La parola “caporalato” si riferisce al sistema di intermediazione e sfruttamento della forza lavoro da parte di intermediari illegali (caporali) che arruolano lavoratrici e lavoratori. Tratto cruciale del caporalato è il monopolio del sistema di trasporto, che costringe i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare una somma di denaro per il loro spostamento da e verso i luoghi di lavoro. È su questo punto che spesso intervengono le iniziative istituzionali: creare canali di trasporto per sottrarne il monopolio ai caporali allo stesso tempo favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro (leggi il nostro articolo sulla Legge regionale del Lazio).

Il Piano ministeriale quindi va ad aggiungersi alle molte iniziative intraprese anche a livello locale e prevede una strategia declinata in diverse fasi:

  • analisi del fenomeno;
  • interventi emergenziali nelle aree di maggiore criticità;
  • azione sistemica su tutto il territorio nazionale.

A sua volta l’ultimo punto prevede quattro assi di intervento:

  • prevenzione;
  • vigilanza e contrasto;
  • protezione delle vittime;
  • reintegrazione sociale e lavorativa.

Tra le azioni previste, la maggioranza è dedicata alla prevenzione dello sfruttamento nei campi.

L’attività istituzionale di contrasto al caporalato è particolarmente importante per la Campania, che è la quinta regione in Italia per numero di operai agricoli, il 6,4% del totale (il dato si riferisce peraltro ai soli lavoratori regolari, è verosimile che la stima sia quindi al ribasso). Il fenomeno dello sfruttamento in agricoltura, è inoltre bene ricordare, non riguarda solo lavoratori migranti, sebbene questi siano certamente la fascia più a rischio. L’11,4 per cento dei lavoratori nel settore agricolo provengono da paesi extra UE (soprattutto dal Marocco, India, Albania, Tunisia e Senegal) e il 6,5% sono cittadini europei (bulgari, polacchi e rumeni), numeri più che triplicati negli ultimi decenni.

Per inquadrare il fenomeno, lo “sfruttamento lavorativo” non è solo costituito da forme illegali di intermediazione e reclutamento, ma anche dall’organizzazione della manodopera al di fuori della legalità, in violazione di tutte le norme in materia di orario di lavoro, minimi salariali, contributi previdenziali, salute e sicurezza sul lavoro. Lo sfruttamento si concretizza anche in condizioni di vita degradanti, molestie e soprusi imposti alle lavoratrici e ai lavoratori approfittando del loro stato di vulnerabilità. Non mancano casi di violenza, minacce, sequestri di documenti, in tal caso si arriva alla forma più estrema di sfruttamento: quella del lavoro forzato.

In Italia lo sfruttamento lavorativo ad opera dei caporali riguarda vari settori (trasporti, costruzioni e servizi di cura alla persona), ma è particolarmente forte nel comparto agricolo, caratterizzato da stagionalità e breve durata con lavoratori più ricattabili e deboli.

Il Piano triennale prevede dunque 10 “azioni prioritarie”:

1. Un sistema informativo per la gestione e monitoraggio del mercato del lavoro agricolo;

2. Interventi strutturali, investimenti per l’innovazione e valorizzazione dei mercato dei prodotti agricoli;

3. Creare una Rete del lavoro agricolo di qualità, con l’introduzione di misure per la certificazione dei prodotti per migliorare la trasparenza e le condizioni di lavoro del mercato del lavoro agricolo;

4. Pianificazione dei flussi di manodopera e migliorare l’efficacia dei servizi per l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro agricolo, prevenendo quindi il ricorso all’intermediazione illecita;

5. Creare soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo, evitando insediamenti spontanei e altri alloggi degradanti;

6. Lavorare su soluzioni di trasporto dei lavoratori verso i campi;

7. Campagna di comunicazione istituzionale e sociale per la prevenzione e sensibilizzazione sullo sfruttamento lavorativo e la promozione del lavoro dignitoso;

8. Rafforzare la vigilanza e il contrasto allo sfruttamento lavorativo:

9. Pianificazione e attuazione di un sistema di protezione e assistenza alle vittime;

10. Realizzazione di un sistema nazionale per il reinserimento socio-lavorativo delle vittime del caporalato.

Nella messa in opera delle azioni e nel monitoraggio del fenomeno, il tavolo tecnico (che comprende ministeri, enti locali, istituzioni previdenziali, sindacati e terzo settore) lavorerà in collaborazione con ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e Commissione Europea.