Nero e non solo!, storia di un’associazione “resistente”

 

Dal 1991 a Caserta opera Nero e non solo! Onlus, un’associazione tra le più longeve sul territorio attiva nel campo della difesa dei diritti dei migranti, la loro inclusione e protezione. Nero e non solo! è da sempre impegnata nella promozione di una società interculturale e antirazzista, contro qualsiasi tipo di emarginazione e discriminazione. La sua attività non si ferma ai servizi specificatamente diretti ai cittadini migranti (segretariato sociale, assistenza e consulenza legale, formazione linguistica, lotta allo sfruttamento), ma si estende anche ad iniziative di sensibilizzazione e percorsi di formazione per i cittadini italiani, alla promozione di una cultura dell’inclusione, dell’antirazzismo e della legalità. Dal 2009 infatti, Nero e non solo! gestisce un bene confiscato alla camorra nel comune di Santa Maria La Fossa, affidato da Agrorinasce. Qui ha potuto implementare, insieme ad Arci e  alla Moschea di San Marcellino, prima il “Villaggio della solidarietà”, nato per contrastare e denunciare lo sfruttamento e lavoratori agricoli e, successivamente, i campi antimafia “Terra di lavoro e dignità”, in collaborazione con Arci e Cgil. In questi campi i volontari delle organizzazioni coinvolte realizzano laboratori di formazione contro la criminalità organizzata e il riuso dei beni confiscati, sull’inclusione e la lotta allo sfruttamento sul lavoro. La storia di Nero e non solo! si intreccia con la storia dell’immigrazione in provincia di Caserta, a partire dall’omicidio di Jerry Essan Masslo, bracciante sudafricano barbaramente ucciso a Villa Literno nell’agosto 1989. Un omicidio che generò una tale risonanza nell’opinione pubblica, da dare il via al primo grande movimento antirazzista nel Paese e a portare all’approvazione della prima riforma organica in materia di immigrazione, la famosa legge Martelli. L’omicidio di Jerry Masslo ha avuto particolare influenza soprattutto in provincia di Caserta e, come vedremo, anche sulla storia di Nero e non solo!.

In un caldo pomeriggio di giugno, Stranieriincampania.it ha incontrato Nello Zerillo, che dell’associazione è il presidente e con lui, nel corso di in un lungo colloquio, abbiamo parlato della storia, delle attività e delle prospettive future di quella che Nello definisce un’associazione “resistente”. Pur nata ufficialmente 1991, Nero e non solo! ha in realtà origine qualche anno addietro “Veniamo da una storia precedente, all’interno della FGCI (l’organizzazione giovanile del Partito Comunista Italiano) e di un suo progetto sull’immigrazione organizzato dal 1987”. Dopo l’assassinio di Masslo si dà vita al primo Villaggio della solidarietà, un campo di accoglienza per braccianti agricoli. Questa esperienza incide nel profondo per quelli che diventeranno i primi attivisti dell’Associazione: “alla base c’era una ‘cultura del fare’. Accanto alla lotta per i diritti, all’accoglienza, alla testimonianza e alle enunciazioni di valori, si doveva provare a contribuire al cambiamento del mondo con azioni concrete. Questo ha dato il via al tutto”. Ed è da qui che si dipana un filo rosso che lega tutta la storia dell’Associazione: “Questo campo di accoglienza per braccianti agricoli, qui nella provincia di Caserta, a solo un anno dall’assassinio di Masslo, dedicato a qualcuno che al giorno d’oggi sarebbe stato definito rifugiato politico finito suo malgrado a fare il bracciante e poi assassinato… tutto ciò si sedimenta in ciò che in tutti questi anni abbiamo provato a fare sul territorio. E i temi, nella loro drammaticità, finiscono per essere sempre quelli”. Un impegno lungo anni a contatto con conflitti e problemi reali: “Abbiamo avuto la fortuna, nel lavorare su questi temi concretamente, di trovare nuovi modi per impattare efficacemente sulla vita delle persone per cui lavoravamo”. La ‘concretezza’ di questi interventi  ricorre più volte: è con questo spirito pratico che da una decina di anni Nero e non solo! affianca alla sua azione più immediata con i migranti anche la gestione di un bene confiscato alla camorra, e quindi si impegna nella lotta antimafia: “Occuparsi di diritti degli immigranti, in particolare nel settore agricolo, significava finire per occuparsi naturalmente di questi temi”. 

Oggi l’associazione ha una sua natura nazionale, ma nonostante le difficoltà, i vari cambiamenti associativi, l’entrata nella grande famiglia di Arci, Nero e non solo! rimane una realtà fortemente legata al territorio, in una continuità ideale con lo spirito con cui è stata creata nel 1991.  “Questo è stato anche possibile per i legami costruiti sul territorio e per il fatto di aver avuto come sede un luogo riconoscibile come la Chiesetta di Sant’Elena che resta la ‘casa’ da cui partono tutte le attività”. 

E qui affrontiamo un nodo cruciale: la sede di Nero e non solo! è appunto da anni un antico edificio religioso a due passi dalla Reggia di Caserta, divenuto simbolo e riferimento delle battaglie antirazziste e di assistenza ai migranti per tutta la popolazione (casertana e non solo) negli ultimi tre decenni. Da qualche mese è emersa l’intenzione della Diocesi di non rinnovare la concessione dello stabile all’Associazione, un accordo con varie formule andava avanti dall’inizio degli anni ’90. L’ultimo rinnovo del comodato è scaduto nel marzo 2019 e la Curia ha chiesto la restituzione dello stabile. 

Molte voci si sono levate a difesa della opportunità per Nero e non solo! di mantenere la sua storica sede, compresa una delibera votata all’unanimità del Consiglio comunale. “Ad oggi il Vescovo ci ha dato delle proroghe a breve termine” ma certamente c’è necessità di mantenere una prospettiva di lungo respiro. “La sede, al di là del lavoro sull’immigrazione, è stata l’opportunità per tanti impegnati nel sociale a Caserta di incontrarsi, confrontarsi e strutturarsi”, un valore quindi di promozione dell’associazionismo e dell’attivismo che nasce in un momento particolare –  negli anni della fine dei grandi partiti e delle ideologie – , va avanti per anni e si interseca anche con questione dell’utilizzo dei beni comuni e abbandonati.  “Siamo stati i primi a porre il problema sulle condizioni della Chiesa di Sant’Elena recuperando anche la sua funzione storica. In quella sede si è fatto teatro, si è fatta musica, si è fatta aggregazione. Ad oggi continua ad essere ritrovo per i migranti che qui possono incontrarsi, per la cittadinanza che vi discute del futuro del territorio nonché luogo in cui si fornisce assistenza e aiuto a quanti – italiani e stranieri – ne hanno bisogno”. 

Il problema della sede, per Nero e non solo! ma anche per tante realtà sociali simili, non riguarda solo la necessità di avere un ufficio di rappresentanza; si tratta di offrire un luogo di elaborazione e di sviluppo per i tanti progetti che sono stati e verranno implementati (attività sociali, esse stesse beni “pubblici” a disposizione della comunità). Abbiamo chiesto a Nello quali sono i prossimi progetti previsti: “A livello regionale, compartecipiamo con altri soggetti – tra gli altri Arci Salerno e Cooperativa Sociale Dedalus – a “Libere Tutte”, un progetto diretto alle donne vittime di tratta. Tra le altre cose, continueremo inoltre con il servizio di unità mobile e l’orientamento ai migranti per i servizi offerti dal territorio.” 

Nonostante il tempo a nostra disposizione stia terminando, non possiamo esimerci dal chiedere al nostro interlocutore, osservatore in prima linea nel campo dell’accoglienza e dell’integrazione, una commento sul momento attuale: “Una riflessione amara di fondo: credo che la cosa più grave in questo momento è che si sia sdoganata l’idea che non solo si possa essere razzisti ma anche fare azioni discriminatorie, senza doversene vergognare!”. 

E come si recupera tutto questo? “Sicuramente bisogna lavorare molto con le persone partendo dal non demonizzarne le paure. Bisogna però anche immaginare e, qualora ci sia ancora la possibilità, fare delle scelte pubbliche più nette. Sono stati fatti due grandi errori storici: il primo nel 1998, quando con la Legge Turco-Napolitano (una grande riforma della legislazione in materia di immigrazione) non venne inserito il diritto di voto alle amministrative per i migranti, un errore culturale pagato nel tempo e nello scorso governo non avere il coraggio di introdurre lo Ius Soli. Per la paura di perdere le elezioni non si sono fatte queste riforme con la conseguenza che le elezioni sono comunque state perse  così come sono andate perdute due grosse occasioni, due pietre miliari da cui ripartire”. 

L’intervista è finita, ringraziamo Nello che salutandoci ci lascia una ultima riflessione a più ampio spettro: “Bisognerebbe abbandonare l’idea che la presenza regolare dei migranti debba essere legata ad un contratto di lavoro: questo non tutela il lavoro degli italiani ma anzi è un modo per costringere i migranti a subire il ricatto dello sfruttamento”.

Aggiornamento: qualche giorno dopo l’intervista, il Vescovo ha concesso una ulteriore e ultima proroga per l’occupazione della sede fino al prossimo 20 luglio. Stranieriincampania continuerà a seguire la vicenda e aggiornare i suoi lettori.