Riprendono i Migrantour: passeggiate interculturali alla scoperta della Napoli multietnica
Dopo quasi sei mesi di stop, il 14 settembre scorso sono ricominciati i Migrantour, le passeggiate interculturali alla scoperta della Napoli multietnica. Un’iniziativa nata a Torino e arrivata a Napoli nel 2015, che prevede tour guidati della città con accompagnatori interculturali di origine straniera. Il Migrantour di Napoli prevede 4 percorsi organizzati dalla Cooperativa Sociale Casba. Su Stranieriincampania vi avevamo già parlato dei percorsi (qui i link ai precedenti articoli) e oggi abbiamo incontrato la presidente, Jomahe Solis, e l’accompagnatore interculturale, Louis, per conoscere meglio il Migrantour e le altre iniziative promosse da Casba.
Ciao Jomahe, puoi raccontarci come nasce l’iniziativa del Migrantour a Napoli?
Abbiamo iniziato ufficialmente con il progetto Migrantour Napoli nel 2015 anche se informalmente lo facevamo già nel 2013. Il progetto nasce a Torino nel 2010, poi siamo entrati in contatto con loro tramite conoscenze in comune e abbiamo proposto di portarlo qui a Napoli. Abbiamo ottenuto la certificazione dall’ente principale dopo aver verificato che la maggior parte dei componenti della nostra Cooperativa sono soggetti stranieri, questo perché l’idea è proprio questa, noi non siamo guide turistiche, siamo accompagnatori interculturali. La cosa particolare è che siamo stati noi a proporre loro i nostri itinerari su Napoli, perché da Torino erano abituati ad andare loro nelle città a fare uno studio di fattibilità sul territorio. In questo caso sono venuti solo a verificare che fosse fattibile.
Nel 2013 abbiamo fatto le prime passeggiate in occasione del Maggio dei Monumenti. Il primo itinerario era lunghissimo e durava quasi 5 ore. Nonostante fosse un po’ lungo le persone erano contente, perché comunque vedevano cose nuove e potevano assaggiare pietanze di diversa provenienza.
Nel 2015 abbiamo ottenuto il finanziamento della Chiesa Valdese e siamo entrati nel circuito ufficiale del Migrantour che prevede 200 ore di formazione per gli accompagnatori. Tra l’altro è passata ad essere una rete internazionale perché, due anni fa, abbiamo fatto un progetto europeo, il New Roots, che ha esteso il Migrantour in diverse città europee.
Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono il Migrantour?
Il Migrantour non è la solita gita turistica, perché noi non siamo guide turistiche, siamo accompagnatori interculturali. Portiamo le persone alla scoperta dei quartieri popolari, per vedere il fermento delle comunità migranti. La Cooperativa Sociale Casba si occupa di integrazione dei migranti da oltre vent’anni e conosciamo bene le comunità e le zone della città. E’ una visita del mondo a chilometro zero, andiamo in un posto e possiamo immaginare di stare all’estero, attraversando i colori, i rumori, gli odori e i sapori di un altro popolo. Questo porta una sensibilità in più rispetto alla presenza dei migranti nelle nostre città.
In qualche modo possiamo dire che Migrantour rappresenti una contronarrazione delle migrazioni?
In questi ultimi anni c’è stata una narrazione negativa, incentrata sugli sbarchi e sulla fobia dello straniero che viene a prendersi tutto e invece vediamo altre realtà, come l’imprenditore che lavora e fa lavorare altri, magari napoletani. Questo tipo di narrazione delle migrazioni è il messaggio che noi vogliamo diffondere attraverso il Migrantour. Vogliamo fare un lavoro di storytelling anche sui nuovi arrivati, per questo motivo avevamo creato anche una passeggiata specifica che si chiama Welcome Tour. Questo percorso, ideato da una nostra collaboratrice che è anche guida turistica, prevede la partenza da Piazza Garibaldi con la spiegazione di tutti i principali luoghi di interesse, poi si spiega anche come funzionano i trasporti pubblici e con la metropolitana arriviamo fin sopra la collina del Vomero. Anche io ho fatto queste passeggiate con i ragazzi dei centri di accoglienza, che spesso non si allontanano dal luogo dove risiedono, e posso dire che quando siamo arrivati fino a Castel Sant’Elmo sono rimasti stupiti nel vedere un contesto completamente diverso e nuovo ai loro occhi. Questo è un percorso che possiamo organizzare su richiesta per chi gestisce i centri di accoglienza e vuole aiutare i nuovi arrivati a conoscere meglio la città attraverso i luoghi, ma anche attraverso la storia e le leggende che sono legate alla cultura di Napoli.
Quanti tipi di percorsi sono previsti?
Attualmente abbiamo quattro percorsi: quello di piazza Garibaldi che si chiama “Mille mondi alla stazione”; “Il ventre di Napoli” che parte da piazza Mercato; poi abbiamo “Tutti i volti dello scambio” che è sulla zona dei Tribunali, questo percorso è stato creato di recente e vuole essere un racconto sulle vecchie e nuove schiavitù; l’ultimo è “Prossima fermata: Piazza Cavour” che rappresenta un crocevia di mondi e di culture. Adesso stiamo lavorando su un nuovo percorso cercando di instaurare un dialogo tra diversi luoghi di culto. Dopo il lockdown, insieme all’agenzia solidale di Torino, abbiamo provato ad inventarci qualcosa di nuovo e abbiamo deciso di creare un pacchetto turistico di una settimana, ideato dalla nostra cooperativa Casba che prevede sempre il centro storico, ma ci sono anche Pompei, Procida e naturalmente il Migrantour.
Chi partecipa solitamente ai vostri tour?
A dire la verità il pubblico è molto misto, per questo cerchiamo anche di personalizzarli con delle tappe particolari e degli assaggi di cucina o di bevande tipiche. Per esempio quando andiamo al market gestito dai bengalesi facciamo assaggiare il succo di mango e i dei biscotti srilankesi buonissimi creati per accompagnare il tè, perché avendo avuto la dominazione inglese hanno fatto loro questa tradizione. Quando invece giriamo con gli stranieri gli spieghiamo la tradizione del caffè sospeso e la sfogliatella. Ma i percorsi sono ideati per i napoletani e per i ragazzi delle scuole, l’idea è proprio quella che sia la popolazione locale a rendersi conto di chi ha a fianco. Stesso discorso per gli studenti delle scuole, che spesso conoscono solo la zona che frequentano e neanche possono immaginare come sia fatta l’altra parte della città. E’ una questione di apertura mentale che permette di avere uno sguardo diverso. Il Migrantour di Napoli e quello di Roma hanno attirato l’interesse di un’agenzia internazionale che ci manda dei gruppi. Spesso chi arriva dall’estero ha una visione più aperta e già conosce queste realtà come i mercati multietnici, allora facciamo fare loro il percorso “Nel ventre di Napoli”, che è incentrato più sullo scambio interreligioso e sulle abitudini napoletane. In questa passeggiata visitiamo sia la moschea che la chiesa del Carmine, cerchiamo di spiegare il legame con la religione dei popoli. In quella zona c’è la Madonna Nera, a cui molti napoletani sono devoti. Anche l’imam della moschea è italiano.
Perché è importante conoscere questo volto multietnico di Napoli?
E’ importante non fermarsi al racconto dei media sia per quanto riguarda le comunità straniere che per la città. Bisogna andare a vedere e conoscere le cose positive, cose che poi magari potrebbero interessarci. E’ anche un modo per arricchire la propria vita, la propria cultura e perché no anche la propria tavola. Faccio un esempio semplice, lo zenzero, che adesso va tanto di moda e viene messo un po’ dappertutto, è sempre esistito anche da noi qua in Italia. E allora come è nata questa moda? E’ nata dalla conoscenza dell’altro, dei costumi e delle abitudini dell’altro, è sempre un arricchimento. Se durante la passeggiata trovi qualcosa che ti piace, magari ritorni, o se c’è un negozio dove prima passavi e non lo notavi neanche, adesso lo conosci e magari ci entri.
A Luis, che ha da poco terminato il corso di accompagnatore interculturale chiediamo perché ha deciso di intraprendere questo percorso
Mi piace confrontarmi e mi piace scoprire nuove cose. Il percorso anche mi piace, ci sono tappe molto interessanti come l’Archivio Storico del Banco di Napoli, dove si scoprono situazioni che dimostrano che Napoli è sempre stata una città in cui si muovono diverse realtà anche straniere. Ci sono diverse tipologie di reazione al Migrantour dipende anche dalla provenienza. Mi è capitato di fare un tour di 5 ore perché c’erano due sorelle di Treviso che mi hanno fatto tante domande su ogni tappa e con cui si è parlato di migrazione senza pregiudizi. E poi c’erano gruppi che magari sembravano molto aperti e poi invece hanno detto qualcosa fuori luogo, ma perché è necessario un lavoro sull’uso delle parole anche in termini di immigrazione. Ma questo passa anche da esperienze di condivisione come queste.
Secondo te il Migrantour può rappresentare uno strumento di connessione e interazione anche tra le stesse comunità straniere?
Ogni comunità ha la tendenza a chiudersi in se stessa perché così trova le sue sicurezze e aprirsi significa perdere parte di queste certezze, in qualche modo rappresenta un rischio. Però se gestito bene può essere positivo. Alcune comunità si chiudono perché pensano di perdere la propria identità, pensano che non ci possa essere questo cambiamento che fa loro paura, ma il cambiamento c’è. Più stai sul posto più il cambiamento è forte. Bisogna trovare degli obiettivi comuni che interessano tutte le comunità e seguirli insieme. E’ l’unica strada che ci può aiutare, senza obiettivi comuni ogni realtà si accontenta di quello che ha e non guarda fuori. Il Migrantour è uno strumento potente perché, non solo avvicina i migranti alle altre comunità, ma aiuta anche gli italiani che vogliono conoscere i luoghi in cui i migranti vivono ad avere uno sguardo diverso. C’è un’altra iniziativa di Casba molto interessante in tal senso ed è “Indovina chi viene a cena”. Perché consiste in una famiglia di migranti che ospita a cena una famiglia di italiani mai vista prima. Una volta passato l’imbarazzo iniziale, tra un bicchiere di vino e una portata particolare, riescono a trovare un punto di contatto, argomenti di conversazione e iniziano a condividere le esperienze. Io penso che chi ha vissuto questi momenti, quando torna a casa ha scoperto delle cose che non sapeva. Io stesso ho fatto questa esperienza ed è stata molto interessante, ho ospitato persone che ne avevano sentito parlare e hanno voluto provare, tra loro c’era un ex poliziotto. Queste iniziative sono importanti per far cadere quelle barriere create dalla non conoscenza reciproca che poi ci fa percepire l’altro come un pericolo. Dobbiamo favorire le contaminazioni, perché non esiste nessuna identità fissa, capiremo che possiamo solo arricchirci, diventando tutti meno vulnerabili.
Stranieriincampania ringrazia la Cooperativa Sociale Casba e vi invita a seguire la pagina Facebook di Migratour dove sono disponibili tutte le informazioni sui prossimi appuntamenti e le modalità di prenotazione. Le persone che si prenoteranno saranno contattate dall’accompagnatore del percorso prescelto che gli fornirà tutte le informazioni utili e per prendere parte a questa esperienza. Il tutto nel pieno rispetto delle norme per il distanziamento sociale.
Napoli, 22 settembre 2020