Mai più soli! La storia di Bakary e Agostino

Oggi Stranieriincampania vi porta la storia di Bakary e Agostino, un nuovo tassello nei racconti di accoglienza di Mai più soli!, il progetto di Cidis Onlus dedicato all’inserimento in famiglia con la formula dell’affido per i Minori stranieri non accompagnati o un percorso di accoglienza finalizzato all’autonomia per i neo-maggiorenni.

 

“L’ospitalità è una esperienza che innanzitutto migliora chi ospita. Chi ospita si arricchisce. Già solo aver deciso di ridurre i propri spazi per qualcun altro dona qualcosa. Avere a che fare poi con gli africani per noi occidentali può essere un toccasana per tanti aspetti, non ultimo una rivalutazione dei nostri ritmi di vita. La “lentezza” di certe loro abitudini può indurci alla riflessione, a prenderci i nostri tempi nello stile frenetico che viviamo ogni giorno”, la riflessione che Agostino ci lascia prima di salutarci dà il tono al lungo colloquio che abbiamo avuto con lui e Bakary, il diciannovenne gambiano che ospita ormai da qualche mese. Un ragazzo che si mostra timido e un po’ taciturno, ma con un sorriso simpatico che più volte gli nasce in viso. 

Agostino è un insegnante di religione che ci racconta di come la sua educazione e storia familiare abbiano come protagonisti l’ascolto, l’accoglienza e l’apertura verso l’altro. Ad un certo punto si è fatta strada nella sua vita anche una sorta di “pressione” sociale e politica per rispondere ai tanti portali a casa tua! “Ora li spiazzo!” esclama ridendo aggiungendo però anche una dimensione più intima: “Io sono credente e nella mia fede l’apertura all’altro è fondamentale. Accogliendo l’altro, soprattutto il bisognoso, accolgo Gesù Cristo”.

L’incontro tra Bakary e Agostino è anche incontro tra fedi, un incontro di crescita e scambio vicendevole. “Siamo entrambi credenti moderati e non ci sono problemi di sorta nella convivenza”, continua Agostino che sottolinea anche le radici comuni ebraiche di cristianesimo e islam. Una quotidianità che scorre via in assoluta tranquillità, coinvolgendo anche la famiglia allargata: tra Bakary e Ciro (il “nonno ospitante”) si è stabilito un rapporto di grande affiatamento, che va da pranzi insieme a base di pasta al pomodoro – il piatto della cucina italiana preferito da Bakary, insieme alla pizza – alla passione comune per lo sport (“Mi ha insegnato le regole del tennis che non conoscevo, il ciclismo”).

Bakary frequenta la scuola a Salerno e sta per conseguire la licenza media, nel frattempo ha anche frequentato corsi di avviamento professionali e tra poco comincerà il suo primo lavoro a Vietri sul Mare. 

Affrontiamo allora il tema del futuro: Bakary – nella sua riservatezza – si limita a dire di voler trovare un lavoro, essere indipendente economicamente. Agostino si spinge un po’ più in là, auspicandosi per lui quella serenità che per molti anni gli è stata preclusa, quella serenità che in Italia e in occidente consideriamo normale per ogni adolescente è che invece è negata a tantissimi migranti costretti a fuggire in cerca di una speranza. “Mi auguro che le ragioni che lo hanno costretto a lasciare il suo paese e quello che ha dovuto passare per arrivare in Italia rimangano un brutto ricordo. Che possa vivere almeno di qui in avanti una vita tranquilla. Le modalità dipenderanno un po’ da lui e dalle opportunità che ci saranno”. Il suo auspicio è che tutti quanti nella posizione di Bakary possano essere autonomi da tutti i punti di vista, certamente lavorativo ed economico, ma anche sociale. E qui Agostino insiste su un punto importante: Bakary da quando è in Italia si è sì formato professionalmente ma ha anche voluto studiare, non per dovere, ma per avere gli strumenti per interpretare il mondo. Una osservazione che estende a tutti e che sembra essere un monito anche per i tanti studenti italiani: non accumulare solo nozioni, accumulare diplomi, ma collezionare gli “attrezzi” per costruire il proprio avvenire.

Verso la fine del nostro incontro, Bakary si lascia andare e ci racconta dei suoi amici scuola, di quello che si aspetta dal lavoro che inizierà di qui a breve. Facendosi serio e abbandonando per un attimo il sorriso che lo caratterizza, parla della storia recente della sua terra, del Gambia, un lembo di terra circondato dal Senegal, uno dei più piccoli stati dell’Africa. Lo fa con una attenzione e puntualità che tradiscono una maturità non comune per i giovani della sua età, nonostante confessi che non ama informarsi sulla sua terra di origine,

Bakary non è arrivato in Italia per piacere: è stato costretto a lasciare la sua casa quando aveva poco più di 15 anni e ha affrontato un viaggio lungo un anno e mezzo che lo ha portato prima nei campi libici e poi ad affrontare il mare per raggiungere le coste europee. Di questo viaggio porta i segni, cicatrici impresse sulla pelle.  

Mai più soli! e le molte altre esperienze di accoglienza in Italia rispondono al diritto di Bakary e dei tantissimi nella sua posizione di vivere in sicurezza e di potersi costruire una vita dignitosa, libera, serena. 

Un diritto che non può essere negato a nessuno.