Le cicatrici del porto sicuro, “il diario di un sopravvissuto”: sabato ad Avellino incontro con Soumaila Diawara

Sabato, 19 febbraio, alle ore 16 presso il carcere borbonico nel centro di Avellino, Soumaila Diawara parlerà del suo libro “Le cicatrici del porto sicuro, ‘il diario di un sopravvissuto'”, in cui affronta le cause ed i processi che provocano la fuga di milioni di persone. Le guerre per procura, dittature ed ingerenze.
“È il primo libro che ho cominciato a scrivere ben 5 anni fa, ma che arriva come terzo delle mie opere – racconta l’autore – Foto e interviste raccolte di nascosto nel carcere e nel lager rischiando la propria vita. La decisione di pubblicare questo libro nasce dalla volontà di rendere testimonianza diretta della realtà disumana che centinaia e migliaia di donne, bambine, bambini e uomini vivono in quel luogo che va oltre l’orrore che è la Libia, nella speranza di poter incidere anche in minima parte nell’opinione nazionale e internazionale, che per la maggior parte ancora è cieca e sorda alle richieste di aiuto.
Un libro documentario con foto e video delle condizioni disumane in cui versano le persone sull’altra sponda. Nella prefazione Gennaro Avallone, professore di sociologia presso l’università di Salerno, scrive: “Una geografia del coraggio. Una testimonianza necessaria per la memoria presente e futura della violenza sistemica che nel 21° secolo sta tormentando le vite di milioni di persone in fuga. Un’analisi storico-politica dei nessi tra neocolonialismo, guerre e migrazioni. È questa la densità nella quale si immergono i lettori e le lettrici di questo libro. Un racconto che va seguito attraverso le strade, le città, le oasi, i sentieri e i pericoli del territorio africano compreso tra Burkina Faso, Mali, Algeria e Libia; il passaggio verso l’Europa con la traversata disperata del Mediterraneo centrale e una serie di luoghi del sistema di accoglienza italiano delle persone richiedenti asilo dalla Sicilia a Roma”.
Il ricavato del libro è destinato ad un piccolo ospedale in Mali, nel villaggio di Kolondieba, al fine di offrire cure gratuite e, se possibile, comprare un’ambulanza. Si tratta di una zona piuttosto povera, dove le persone muoiono di Malaria perché non hanno “10€” per curarsi, e in cui tante altre malattie che avrebbero semplice risoluzione diventano un flagello per la mancanza di farmaci e cure basilari, e la stragrande maggioranza delle vittime sono i bambini del luogo. Le donne per partorire vengono trasportate in un carretto tirato da un asino per raggiungere l’ospedale che a volte dista 40/50 Km. Ogni copia venduta è una donazione per salvare una vita umana.
Avellino, 18 febbraio 2022