Un’artista Libica in Italia. Intervista a Suad Ellaba

 

Incontriamo Suad Ellaba, artista libica arrivata in Italia da Tripoli 5 anni fa. “Sono venuta in Italia per proseguire con i miei studi in arte, storia dell’arte, cinema e scultura. Ora sto per terminare il mio dottorato a Nola e nel frattempo lavoro a Roma”, ci racconta all’inizio del nostro incontro.

Nelle parole di Suad c’è passione immensa per l’arte, per l’Italia, per Napoli (“Napoli è una città bellissima, dal grande calore”) e voglia di conoscere “tutte le culture”, oltre alla sua naturale determinazione ad esplorare quante più strade l’arte abbia da offrire. 

Una carriera artistica già avviata da tempo, la sua. Ha all’attivo diverse mostre: la prima in Italia nel 2015 a Milano e poi Regno Unito e Grecia, oltre che diverse partecipazioni nel mondo arabo, in Tunisia e in Egitto ma anche nella sua Libia. 

Nel paese d’origine in passato ha lavorato anche come docente e giornalista d’arte e avviato una galleria d’arte di successo a Tripoli.

Cosa vuol dire per te essere un’artista?

L’arte è lo specchio della mia anima, il mio mondo. Quando lavoro a un’opera mi sento un’altra persona. In questo tipo di lavoro c’è tanto di affascinante e particolare. Quella dell’artista non è una vita normale. Quando sono davanti a una tela mi sento come in un altro mondo, io viaggio con il mio quadro. Ci sono solo io, la musica che ascolto,  il mio quadro e la mia anima.

La tua arte non è solo pittura, però.

No, affatto. Dipingo, scolpisco, fotografo. Attualmente sto lavorando a un cortometraggio.

Com’è essere un’artista libica in Italia?

C’è una certa differenza. Quando ero in Libia c’erano alcune difficoltà. Scontavo una cultura un po’ chiusa, un po’ dura specialmente per un’artista non solo donna ma anche alle prese con il tema del nudo. Il mio master era sul nudo femminile e nella mia regione non era facile (per cultura, religione, società).  Da sempre mi hanno sempre detto che avevo una diversa mentalità e io sono andata alla ricerca di una mentalità artistica più aperta perché un artista non deve avere costrizioni, mai: in quel caso non è arte ma solo lavoro. Ci tengo a dire che io rispetto la mia cultura, i miei costumi e tradizioni e mi piace trasmettere la cultura libica in Italia: indosso spesso abiti libici nella maggior parte delle occasioni pubbliche, come alle mostre, e spesso organizzo “serate libiche” con il nostro cibo tipico.

E in Italia hai trovato la libertà artistica che cercavi?

Certamente!  L’Italia poi è un libro di storia dell’arte a cielo aperto. Qui è tutto come un quadro, sembra quasi che tutti gli italiani siano artisti. Anche nel cibo, nella moda qui c’è arte. È decisamente un paese d’arte.

Hai accennato prima alle limitazioni religiose dell’arte nella cultura islamica, in Italia invece gran parte dell’arte antica è a tema religioso. Come la vivi?

Per me religione e arte sono separati. Io sono musulmana osservante ma la mia vita di artista è un’altra cosa. Quando vedo un’opera d’arte religiosa io vedo solo l’opera, non la religione raffigurata che rispetto a prescindere da quale essa sia.

Tornerai ad esporre nei paesi arabi?

Si. Quando condivido le mie opere sulla mia pagina Facebook la maggior parte degli apprezzamenti e dei commenti vengono proprio da arabi e vorrei cogliere questa occasione per ringraziarli. C’è sempre qualcuno che fraintende, che non comprende (specialmente le opere di nudo, sebbene spesso siano astratte) ma credo che l’arte possa e debba aiutare ad aprire di più le menti. 

Avevo in progetto una mostra con un’associazione culturale all’Accademia d’Egitto a Roma. Per questa mostra avevo presentato un quadro chiamato “Adamo ed Eva” dove i due personaggi sono rappresentati nudi. Ma anche qui il tema ha intimorito. La loro nudità e il colore con cui erano raffigurati, il verde, simboleggia la vita, la fertilità, ma il messaggio purtroppo non è stato capito e si sono concentrati solo sulla nudità. 

Nella scelta dei temi e dei colori si nota un approccio molto intimo.

In generale cerco di mettere tutta la mia anima nelle mie opere.

E nelle tue fotografie? Cosa cerchi nei tuoi soggetti?

In quel caso cerco la sua storia. Cerco di “dipingere” sulla foto con la post-produzione proprio per costruire una storia.

Com’è oggi il tuo rapporto con la Libia?

Vedere la situazione attuale del mio paese mi fa sentire male, è molto difficile. Ma è sempre forte il rapporto con la mia terra, i miei amici, la mia famiglia. Desidero la pace per il mio amato paese e in tutto il mondo.

A cosa stai lavorando ora?

Una serie di opere che daranno vita a una mostra  chiamata “La lingua del corpo”. Voglio raffigurare l’esistenza del linguaggio non verbale. Tutti noi comunichiamo non solo con le parole; tutto di noi parla: gli occhi, le mani, il corpo. Il progetto prevede anche sculture e video istallazioni.

Come è stato vissuto il tuo percorso artistico in famiglia?

La mia famiglia è sempre stata comprensiva e tutti loro amano l’arte, infatti mi ha sempre appoggiata. Mio fratello poi è uno stilista e mia sorella Amona disegna gioielli, ma soprattutto mia madre mi ha sempre aiutata nel mio percorso. Tengo veramente a ringraziarla. Non ho praticamente conosciuto mio padre, che è morto quando avevo solo quattro anni, e mia madre mi è sempre stata vicina. L’artista nella mia cultura è spesso considerato “inutile” ma mia madre non l’ha mai pensato, lei ha sempre creduto in me e appoggiato tutti i miei progetti.

 

 

Le opere sono qui rappresentate per gentile concessione di Suad Ellaba.