Il viaggio verso l’autodeterminazione: parole e immagini dal Castello nell’uovo

 

In un pomeriggio uggioso di fine ottobre, è stato presentato a Napoli, nella sede di Casa Cidis, il libro “Il Castello nell’Uovo” scritto da Bakary Coulibaly e Luisa Concetti. Numerose le persone presenti che si sono confrontate con gli autori durante il dibattito. 

Il libro racconta la storia del viaggio dell’autore, dal giorno in cui decide di lasciare il suo villaggio del Mali, Nérèkoro, fino allo sbarco a Lampedusa e rappresenta una riflessione sulle tematiche della restanza, della migrazione e dei percorsi dei minori stranieri non accompagnati.

Gli autori hanno risposto alle domande di un pubblico attento e particolarmente sensibile alle tematiche proposte. La storia di Bakary ha suscitato molta curiosità tra i presenti che hanno potuto ripercorrere le tappe principali del viaggio comprendendo le difficoltà e gli ostacoli che ha dovuto superare. Un viaggio che non è mai lineare, come può pensare chi legge di immigrazione solo dalle pagine dei quotidiani, ma fatto di scelte dettate dalla necessità e dagli eventi. Lo stesso protagonista spiega di non aver mai avuto come meta l’Europa o l’Italia, una dimostrazione che il viaggio, così come il futuro, non può essere programmato.

Già dalle prime pagine il lettore può percepire le emozioni di un ragazzo di quindici anni che, da un giorno all’altro, decide di partire, diviso tra la nostalgia di lasciare la propria casa e i propri affetti e la forte volontà di determinare il proprio futuro. Stranieriincampania propone in esclusiva, alle sue lettrici e ai suoi lettori, la prima pagina del libro e una galleria fotografica dell’evento. 

“Era un mercoledì come tanti altri quando presi la decisione di andare via. Lo feci perché ero diverso o forse perché mi sentivo diverso rispetto agli altri ragazzi del villaggio. Noi giovani non avevamo nulla, per questo quel poco che dal mondo occidentale ci arrivava, ci faceva fantasticare, sognare e desiderare al punto da abbandonare tutto e tutti e andare a rincorrerlo e possederlo.

Io ho fatto questo. Ho messo quasi quindici anni di vita in uno zaino e a piedi ho iniziato il viaggio che mi avrebbe portato lontano dalla mia terra. Un viaggio che, giorno dopo giorno e a seguito della scoperta della crudeltà, attraverso nuove consapevolezze, avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Quel mercoledì mattina non sapevo che stavo per affrontare un viaggio verso l’inferno; non sapevo che l’uomo potesse essere così crudele verso i suoi simili e non sapevo che tale gesto avrebbe segnato, marchiato la mia essenza al punto da non essere in grado di uscire fuori dai cattivi pensieri che ancora oggi mi assalgono la notte. 

Racconto spesso della mia partenza da Nérèkoro. Racconto dei pianti di mia madre e degli sguardi della gente del villaggio quando con le ciabatte rotte di mamma mi incamminavo verso chissà dove. Racconto sempre della sensazione di nostalgia che già provavo mentre percorrevo le strade sabbiose tra le case di terra semiabbattute dalle piogge del mese di agosto. Non racconto mai però del sentimento di rivalsa che mi aiutava a mettere un piede davanti all’altro e continuare a percorrere il destino che inconsapevolmente stavo scegliendo per me”

 

 

Stranieriincampania ringrazia Francesco Delia per le foto della serata