Il Papa incontra i rifugiati: “Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo”

 

Papa Francesco ha incontrato i 33 rifugiati arrivati recentemente da Lesbo con i corridoi umanitari organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio e ospitati dalla Santa Sede. 

“Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia. Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare.” Ha detto il Papa ricevendo in dono un giubbotto di salvataggio recuperato in mare, il secondo – nelle parole dello stesso pontefice – dopo quello appartenuto ad una bambina annegata nel Mediterraneo e che lo stesso Jorge Mario Bergoglio  ha poi donato ai Sottosegretari della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale per ricordargli della missione della Chiesa “salvare le vite dei migranti, per poi poterli accogliere, proteggere, promuovere ed integrare.”

Non è la prima volta che il capo della Chiesa cattolica si esprime così nettamente sul tema dei migranti e la diplomazia della Santa Sede si è molto impegnata per l’attivazione di corridoi umanitari che consentano l’arrivo in tutta sicurezza di profughi provenienti da teatri di guerra.

“Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile? Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli? (…)  La nostra ignavia è peccato!”.

In uno dei passaggi più intensi del suo breve discorso, ha poi incalzato le istituzioni italiane sul blocco delle navi umanitarie che ancora oggi continuano nonostante gli annunciati cambi di politiche in materia  “Non è bloccando le loro imbarcazioni che si risolve il problema. Bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni. Bisogna mettere da parte gli interessi economici perché al centro ci sia la persona, ogni persona, la cui vita e dignità sono preziose agli occhi di Dio. Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio.”

Al termine dell’incontro il Papa ha fatto collocare nell’accesso del Palazzo Apostolico una Croce con un giubbotto salvagente come simbolo dei tanti morti senza nome annegati nel Mediterraneo mentre erano in cerca della salvezza.  “Ho deciso di esporre qui questo giubbotto salvagente, ‘crocifisso’ su questa croce, per ricordarci che dobbiamo tenere aperti gli occhi, tenere aperto il cuore, per ricordare a tutti l’impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti.”