Ibrahima, una storia di impegno

Spesso quando si parla di immigrazione e di integrazione ci si concentra sugli sforzi delle autorità per gestire gli sbarchi, le attività delle associazioni e degli operatori nell’organizzare progetti e accoglienza e si finisce talvolta per perdere di vista il grande impegno dei migranti stessi. Stranieriincampania vuole raccontare ai suoi lettori una storia di impegno e passione.

“Quando sono arrivato in Italia è stato molto difficile. Non capivo la lingua e senza capirla era tutto molto complicato. La prima cosa che ho pensato è stata: devo assolutamente imparare l’italiano per integrarmi.” A parlare è Ibrahima, senegalese di 37 anni arrivato in Italia nel 2012, è un operaio che – come vedremo – ha saputo abilmente integrarsi nel tessuto sociale e lavorativo italiano. “Grazie a Cidis Onlus – continua – ho frequentato la scuola ed i corsi di italiano. Sapevo che senza la lingua non potevo fare nulla, non potevo lavorare, non potevo svolgere le pratiche per i documenti, non potevo neanche comprare qualcosa. Ho pensato subito ‘Imparare la lingua è fondamentale!’”.

Ibrahima ripeterà diverse volte nel corso del nostro breve incontro – avvenuto poco prima che cominciasse il suo turno in fabbrica – che è importante impegnarsi nello studio della lingua e nel lavoro, che da quello dipende una buona integrazione, l’essere preso sul serio e trattato da pari. “Ho capito subito che dovevo affiancare allo studio anche il lavoro. Ho cominciato con il lavorare al mercato: la mattina lavoravo e la sera studiavo. Ho ottenuto un diploma tecnico per lavorare come saldatore, tecnico delle caldaie e tubature. Sono sempre stato disponibile a fare qualsiasi lavoro.”

Ogni momento era dedicato alla sua formazione e alla ricerca di un impiego: “Sono stato molto aiutato da Irma (Halili, operatrice di Cidis Onlus), mi ha insegnato a comporre il curriculum e mi ha suggerito di portarlo alle aziende. Ogni mattina libera la utilizzavo per consegnare il mio CV.”

Infine, tramite un’agenzia per il lavoro, Ibrahima ha ottenuto un colloquio e poi un contratto presso un’azienda metalmeccanica dell’hinterland casertano. Lì ha cominciato a lavorare come operaio specializzato fino ad ottenere un contratto a tempo indeterminato, ha potuto acquistare una macchina, uscire dal circuito dell’accoglienza e affittare una casa propria nei pressi del posto di lavoro.

Il tutto con un unico, grande, obbiettivo: “Se rimango in Italia è per aiutare la mia famiglia. Non posso dire che rimarrò in Italia per sempre, ma il mio impegno è migliorare me stessoper aiutare la mia famiglia, i miei fratelli e le mie sorelle. Consentirgli un futuro migliore, con un lavoro e tranquillità”.

Ibrahima tiene a raccontarci che in Italia si trova bene e rimarca spesso l’aiuto ricevuto dagli italiani: “Qui ho incontrato tanta gente che mi ha aiutato sempre. Anche dove lavoro e dove abito. Mi invitano a mangiare insieme, sono gentili e disponibili. Mi hanno sempre offerto aiuto, anche con la lingua… e mi spingono ad imparare anche il napoletano – aggiunge ridendo – Mi trattano come napoletano, non come senegalese”.

Sebbene lui non abbia mai avuto problemi di razzismo, è consapevole che ora la situazione, anche burocratica, per i migranti sia più difficile: “È molto dura. Le regole cambiano spesso – e forse proprio per questo, aggiunge ancora una volta Bisogna impegnarsi tanto, con la lingua, con la scuola e con il lavoro”.

Non possiamo che augurarci che l’impegno profuso quotidianamente da Ibrahima, e da tanti altri, possa essere non solo riconosciuto, ma anche affiancato da idonee politiche di accompagnamento che consentano, a quante più persone, di potersi costruire una vita, un futuro, migliore.