Dall’NBA alla MLB: negli USA lo sport si ferma contro il razzismo

 

 

Negli USA lo sport si ferma per protestare contro il razzismo, un evento storico senza precedenti che ha fatto infuriare il presidente Trump. L’iniziativa partita dall’NBA, il torneo di basket più importante e seguito al mondo, ha poi coinvolto il campionato di calcio e di baseball, oltre al torneo di tennis di Cincinnati che si è fermato per un giorno. 

Tutto nasce nella “bolla” di Disneyworld, dove le squadre NBA sono radunate per cercare di concludere la stagione dopo l’emergenza coronavirus. In gara 5 playoff, in programma la sera di mercoledì 26 agosto, i giocatori dei Milwaukee Bucks hanno deciso, all’ultimo momento, di non scendere in campo contro gli Orlando Magic per protesta dopo il ferimento da parte di un agente di polizia del cittadino afroamericano Jacob Blake nel Wisconsin, il nuovo episodio di violenza che sta scatenando un’ondata di proteste dopo il caso Floyd. “Siamo stanchi degli omicidi e dell’ingiustizia” ha detto George Hill, guardia dei Bucks.

Successivamente, tutti i giocatori presenti ad Orlando si sono riuniti per decidere il da farsi. Pare che il più infuriato tra i giocatori fosse proprio Lebron James che ha chiesto a gran voce la chiusura anticipata del torneo, appoggiato dai cestisti delle due squadre di Los Angeles, i Lakers e i Clippers, che hanno votato per la sospensione definitiva. Lo stesso Lebron era stato tra i primi ad appoggiare le proteste del movimento Black Lives Matters, scatenate dalla morte dell’afroamericano George Floyd.  

Non è un caso che la protesta nasca proprio dal basket americano, infatti la federazione NBA conta oltre l’80% di giocatori afroamericani. Ma ad appoggiare il nuovo movimento sono stati anche dirigenti e società: “Alcuni valori sono più grandi del basket – ha dichiarato il vicepresidente e figlio del coproprietario dei Milwaukee Bucks – La posizione assunta oggi dai giocatori e dall’organizzazione dimostra che siamo stufi. Quando è troppo è troppo. Il cambiamento deve avvenire. Sono incredibilmente orgoglioso dei nostri ragazzi e siamo al 100% con i nostri giocatori pronti ad assisterli e a portare avanti un vero cambiamento”.

La vicenda non poteva che coinvolgere anche i vertici della politica statunitense, con il presidente Trump che è intervenuto sull’argomento dichiarando: “L’Nba è diventata come un’organizzazione politica”. Di ben altro avviso Joe Biden, candidato democratico alle prossime presidenziali USA: “Questo non è il momento di restare in silenzio. Questo momento richiede una leadership morale – afferma Biden – e questi giocatori hanno dato la loro risposta alzandosi in piedi, facendo sentire la propria voce e usando il loro ruolo a fin di bene”. 

Alla fine la federazione ha trovato un accordo per permettere la chiusura del campionato e ha concordato una serie di azioni concrete per continuare a portare avanti la protesta.

Napoli, 2 settembre 2020

Foto: Jeramey Jannene/Flickr