Coronavirus, parte la raccolta fondi per gli abitanti di Scampia
Durante l’emergenza coronavirus le fasce più deboli della popolazione sono maggiormente a rischio, per questo motivo l’associazione chi “Chi rom… chi no” e Centro Chikù hanno lanciato una campagna di crowdfunding per raccogliere beni di prima necessità. L’obiettivo è quello di garantire il sostentamento, almeno per un mese, alle comunità del territorio metropolitano di Scampia partendo dai rom, ma senza escludere nessuno. Le problematiche che già si vivevano prima, adesso sono aggravate dall’emergenza, come l’emergenza abitativa e soprattutto il lavoro. Infatti, come segnalano le associazioni, il tasso di disoccupazione in questa periferia supera il 40% e le famiglie sopravvivono grazie a lavori informali, saltuari e a nero, in questo momento completamente fermi per l’emergenza.
Anche dal punto di vista dell’istruzione, con un tasso di dispersione scolastica già molto alto, diventa impossibile seguire lezioni on line, poiché molte famiglie non hanno un pc a casa, né un accesso ad internet o una rete wifi a cui collegarsi. Per saperne di più sulla raccolta fondi, Stranieriincampania ha intervistato Barbara Pierro, presidente dell’Associazione “Chi Rom… chi no”.
Benvenuta Barbara, puoi raccontarci come nasce la campagna di crowdfounding?
La campagna nasce sulla base di una riflessione su quello che stiamo vivendo tutti in questi giorni. Le chiamate che riceviamo dalle persone che seguiamo, rom e non rom, in particolare sul territorio di Scampia e non solo, hanno messo in luce il fatto che restare a casa è una misura necessaria ma rischia di diventare una retorica rispetto a tutte quelle situazioni di fragilità che vivono tante persone per le quali la casa non è un luogo così scontato. Da un lato per le condizioni precarie di un abitare informale, come possono essere, da un lato, i campi rom, le vele, i bipiani, o l’abitare occasionale di tutti i senza tetto, dall’altro lato possono esserci situazioni di fragilità legati a nuclei familiari che condividono in pochi metri di spazio un quotidiano di povertà sociale, umana ed educativa. Sono situazioni in cui la casa non è proprio un luogo sicuro. Per non parlare delle situazioni di violazione dei diritti personali, come quelli di tante donne che vivono, in questo momento più che mai, delle situazioni di violenza domestica. Sono tutte cose che noi conosciamo molto bene e che si acuiscono in momenti come questo.
A chi è rivolta la campagna?
Ci è venuto in mente che fosse necessario essere vicini, oltre che con le parole, a queste persone che vivono situazioni di fragilità per quanto riguarda la casa, ma anche per l’economia. Parliamo di fasce intere di popolazione che sono completamente escluse dalle misure di sostegno che il Governo mette in atto con il decreto Salva Italia. Si tratta di persone che non accedono al reddito di cittadinanza e che hanno come unica fonte di sostentamento la produzione di economie informali legate al lavoro domestico a nero, al piccolo commercio e che trovano sostegno nel pacco alimentare o in altre misure di sopravvivenza. Stando adesso chiusi in “casa”, tutti questi espedienti di sopravvivenza vengono meno e quindi queste persone si ritrovano in una situazione di esposizione fortissima. E allora cosa faranno? Il rischio è molto forte di tanta gente che sarà obbligata ad uscire di casa per poter sopravvivere e per far fronte a queste esigenze legittime e dimenticate, proprio perché escluse dalle nuove misure varate dal Governo. Dall’altro lato le amministrazioni locali hanno poche disponibilità e quelle poche che hanno non includono queste persone sempre più emarginate. Per esempio per quanto riguarda la sanificazione delle strade, abbiamo chiesto che la sanificazioni potesse arrivare anche dove ci sono i campi informali, ma rimane una richiesta senza ascolto.
Come state procedendo in questo momento?
Abbiamo organizzato una prima raccolta che sta andando in consegna alle famiglie proprio nel momento in cui stiamo parlando, però ci siamo resi conto che stiamo parlando di numeri molto grandi, non solo della comunità rom, che già da sola a Scampia conta 500 persone, parliamo anche di famiglie italiane fragili o migranti. Da soli non ce la potevamo fare, sto parlando non solo di “Chi Rom… chi no”, ma anche di Chikù, della comunità dei gesuiti, delle suore della provvidenza, che sono nel territorio di Scampia e con le quali si è subito attivata una rete che ha fatto in modo che abbiamo già raccolto dei generi di prima necessità e abbiamo fatto partire immediatamente la consegna, cassetta per cassetta, alle famiglie dei campi rom di Cuma Perillo. Ma da soli non ce la possiamo fare, perché questa è un’emergenza che non ha una conclusione a breve termine e le necessità sono impellenti e non possono sicuramente attendere la fine dell’emergenza. Per questo motivo abbiamo pensato che fosse più che mai necessario lanciare una campagna di sensibilizzazione perché nessuno restasse escluso.
Quali necessità stanno emergendo in questo momento?
Tutto quello che riguarda le prime necessità, come viveri e generi alimentari in generale, ma anche relativamente all’igiene, come detergenti, mascherine, guanti. Poi ci sono i problemi legati alla sanificazione delle strade dove vivono, lo smaltimento dei rifiuti che sono un’emergenza nell’emergenza già in atto. Altre questioni riguardano il versante dell’istruzione.
Quali altre difficoltà state riscontrando?
Anche l’istruzione on line è un altro tema che rischia di diventare una retorica per tutte quelle famiglie che non hanno accesso ad una rete wifi, non hanno un computer, o non hanno gli strumenti per aiutare i figli a stare al passo con le innovazioni che saranno introdotte nelle prossime settimane. Noi da un lato vogliamo mettere in luce quello che stiamo vedendo e dall’altro mettere in piedi azioni concrete per arrivare a queste persone con un sostegno reale affinché nessuno resti escluso.
Come si dona?
Abbiamo attivato su Buonacausa una campagna dal titolo provocatorio “Andrà tutto bene, ma a chi?”. La campagna è accompagnata da un video con un link in cui si trovano le indicazioni per poter fare un bonifico con una quota libera. Ci commuoviamo anche davanti a quelle piccole quote, fortemente simboliche. Le donazioni possono essere in anonimato per chi lo desidera. L’ultima cosa che mi viene da dire è che questa è proprio un’azione indispensabile di comunità concreta che trova senso nel legame che ci tiene uniti e che deve essere in grado di superare la retorica e mettere in luce le situazioni che, presi dall’emergenza quotidiana, rischiamo di non considerare.
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