Una domenica con la comunità sikh di Cancello Arnone

Il territorio che va dall’Agro Aversano al litorale domitio è caratterizzato dall’alternarsi di campi coltivati, piccoli paesi e allevamenti di bufale. Questi ultimi, con la produzione di mozzarella, costituiscono la cosiddetta “punta di diamante”, l’eccellenza, della produzione alimentare della provincia di Caserta, conosciuta e rinomata in tutto il mondo.

Come spesso accade per il settore dell’agricoltura o dell’allevamento in Campania, un gran numero della forza lavoro impiegata nelle imprese del settore è costituita da manodopera migrante. Non è infrequente, inoltre, una specializzazione su base etnica delle professioni. Nel comparto caseario, e quindi nell’allevamento di bufale (e produzione di latte e suoi derivati), si registra una grande presenza di indiani provenienti dalla regione del Punjab.

Si tratta di una comunità stanziata da tempo sul territorio casertano, sebbene non molto conosciuta dalla popolazione locale. Degli 8.366 indiani presenti in Campania (dati Istat al 1 gennaio 2019), circa 1.500 vivono nella provincia di Caserta; la stragrande maggioranza proviene dalla regione del Punjab ed è di religione sikh.

Il sikhismo è una fede monoteista nata in India nel XV secolo. Il nome deriva dalla parola sanscrita (l’antica lingua del subcontinente indiano) che significa “discepolo”. La religione si basa su tre principi fondamentali – ricordare il Creatore in ogni momento, guadagnare lavorando onestamente, condividere il guadagno – e non prevede né l’adorazione di idoli, né superstizioni e soprattutto la divisione della società in caste. I sikh considerano venerabile solo la parola del Creatore rappresentata dalle Sacre Scritture dei dieci guru che si sono susseguiti agli albori della loro storia.

Stranierincampania ha avuto la possibilità di assistere ad una parte delle celebrazioni domenicali della comunità.

La funzione religiosa si ripete ogni domenica e in particolari giorni sacri, ci racconta in ottimo italiano Gaju. Gaju è anch’egli un lavoratore del settore bufalino, da 5 anni in Italia, delegato sindacale della Flai (la categoria del settore agroalimentare della Cgil). Ci accompagna all’interno dell’edificio che funge da tempio e ci introduce a Bhim, uno dei leader della comunità a cui chiediamo il permesso di poter scattare alcune foto durante la cerimonia.

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Dopo aver ricevuto l’assenso, seguiamo anche noi l’usanza di toglierci le scarpe e coprirci la testa per poi inchinarci fino a toccare col capo il pavimento davanti l’altare. La funzione, già iniziata da tempo, prevede la lettura dei testi sanscriti e preghiere recitate insieme da uomini e donne (che presenziano in lati opposti del tempio) in piedi o seduti sui numerosi tappeti. Tanti sono i bambini che partecipano, alcuni dei più piccoli anche addormentandosi per il gran caldo (si sfiorano i 32 gradi).

In chiusura di cerimonia, uno spazio è riservato a Gaju che con Tammaro della Corte e Igor Prata – della segreteria provinciale Flai – ricorda ai lavoratori le tutele cui hanno bisogno in quanto lavoratori, a prescindere dalla nazionalità, e le modalità con cui difendere i propri diritti nel caso questi vengano negati.

All’uscita, mentre inizia il pranzo che tradizionalmente si consuma tutti insieme, sono molti quelli che si avvicinano ai sindacalisti: denunciano piccole e grandi discriminazioni, da contributi non versati a stipendi in ritardo. “È incredibile come dietro la produzione del prodotto che contraddistingue questo territorio il più delle volte si celano estreme forme di sfruttamento e sottosalario esteso”, ci racconta Della Corte.

Ma c’è anche chi annuncia il prossimo ottenimento della cittadinanza o parla contento dei successi scolastici dei figli. Come il padre di Simranpreet una bambina di dieci anni che ci dice, prima di raggiungere gli altri: “Sono nata in Italia e sto studiando qui. Sono italiana anche io!”.

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