Corte UE, assegni familiari anche ai migranti con famiglia all’estero
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (organo giurisdizionale dell’UE), con due sentenze dello scorso 25 novembre (consultabili integralmente qui e qui), ha riconosciuto il diritto dei cittadini migranti, regolarmente residenti in Italia, di percepire gli assegni familiari anche nel caso in cui i membri del nucleo siano ancora nel paese di origine.
L’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF) è una prestazione economica erogata dall’INPS ai nuclei familiari di alcune categorie di lavoratori e dei titolari di pensione. Il riconoscimento e la determinazione dell’importo dell’ANF avvengono tenendo conto della tipologia del nucleo familiare, del numero dei componenti e del reddito complessivo del nucleo stesso.
Prima e più immediata conseguenza delle sentenze è l’invalidità della norma italiana che secondo la giurisprudenza comunitaria ostacola l’applicazione delle direttive UE 98/2011 (permesso unico lavoro) e 109/2003 (permesso CE per soggiornanti di lungo periodo). È stato riconosciuto infatti che uno Stato membro non può rifiutare, o ridurre, il beneficio di una prestazione di sicurezza sociale al migrante, soggiornante di lungo periodo o titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, se tutti o alcuni componenti del nucleo familiare non risiedono sul territorio statale nel caso in cui, invece, lo stesso Stato Membro accorda quello stesso beneficio ai propri cittadini, indipendentemente dal luogo di residenza dei familiari. Non è quindi ammissibile disparità di trattamento: secondo la Corte, “tutti i cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente negli Stati membri dovrebbero beneficiare quanto meno di uno stesso insieme comune di diritti, basato sulla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante, a prescindere dal fine iniziale o dal motivo dell’ammissione”.
Le due direttive infatti “mirano a creare condizioni di concorrenza uniformi minime nell’Unione, a riconoscere che tali cittadini di paesi terzi contribuiscono all’economia dell’Unione con il loro lavoro e i loro versamenti di imposte e a fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi derivante dall’eventuale sfruttamento di questi ultimi”.
Se “i lavoratori di paesi terzi dovrebbero beneficiare della parità di trattamento per quanto riguarda la sicurezza sociale”, ciò al momento non avviene in Italia dove i lavoratori stranieri – a differenza di quelli italiani e comunitari, – hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare solo per i familiari residenti in Italia, salvo il caso in cui il paese di provenienza del lavoratore abbia stipulato con l’Italia una convenzione apposita.
Le due sentenze sono state originate da una questione pregiudiziale sollevata dalla Corte di Cassazione a partire da un contenzioso a lungo promosso dall’INCA CGIL. Lo stesso è nato dal ricorso presentato da un migrante residente a Brescia, a cui l’INPS aveva intimato di restituire gli assegni familiari percepiti per i figli, regolarmente residenti, che erano dovuti rientrare temporaneamente nel paese di origine. Secondo i legali del sindacato, che stanno esaminando altre cause simili, a seguito dei verdetti della Corte di Giustizia “si potrà considerare automaticamente accolto ogni ricorso e/o appello presentato o da presentare”.
2 dicembre 2020