Agire per l’inclusione sociale: la testimonianza Annapaola

Nell’ambito del terzo settore sociale è di fondamentale importanza la figura dei volontari, persone che mettono a disposizione degli altri il proprio tempo e le proprie capacità rendendosi parte attiva nella società, esclusivamente per fini di solidarietà. 

Per comprendere meglio quali sono le motivazioni che spingono tali persone a mettersi in gioco, vogliamo condividere i pensieri di Annapaola Sarracino, mentor volontaria del progetto DREAMM portato avanti da Cidis. Il progetto nasce con l’obiettivo di creare occasioni di incontro e di scambio tra persone che vivono su un territorio da sempre e quelle che arrivano, ciascuna con le sue storie e le sue ambizioni. 

Per saperne di più sul progetto DREAMM è possibile compilare il form disponibile qui oppure chiamare il numero 0815571218 o inviare un’email all’indirizzo seco@cidisonlus.org.

Buona lettura!

Non sono mai stata straniera nella mia terra come i figli di immigrati che, pur essendo italiani da sempre, non hanno la possibilità di dimostrarlo. Non sono mai stata costretta ad abbandonare la mia casa senza sapere quando e se avrei potuto rivederla. Non ho mai dovuto spostarmi irregolarmente, perché il mio passaporto mi permette di viaggiare liberamente in quasi duecento Paesi, senza bisogno di visti speciali.
Per questo, da occidentale a cui è semplicemente capitato di trovarsi dalla parte giusta del mondo, mi guardo attorno e tasto bene il terreno quando mi addentro in storie che non mi appartengono. È facile appiattirle e strumentalizzarle, anche involontariamente. È una trappola in cui è molto facile cadere, talvolta alimentata dalle stesse organizzazioni umanitarie, che spesso usano i corpi (neri) come rappresentazione superficiale e indegna della povertà e dalla vulnerabilità per avere immagini di impatto atte a risollevare i sentimenti e risvegliare le coscienze.

L’incontri organizzato da Casa CIDIS giovedì 17 marzo è stato fondamentale per non dimenticare che, oltre quei corpi usati per suscitare compassione o ammirazione, ci sono delle persone con storie sacre e inviolabili. Ho visto delle vite che si sono raccontate, ma quelle vite non erano lì per me.

Alì, che ora fa il mediatore culturale, e Ryan, che ha appena 18 anni, si sono offerti volontari per svolgere un compito che a volte può risultare emotivamente molto faticoso: formarci ed educarci illustrandoci cosa significhi per un ragazzino “imparare la geografia a piedi” anziché sui libri di scuola.

L’incontro organizzato a Casa Cidis è stato fondamentale per non dimenticarmi che oltre quei corpi utilizzati per suscitare compassione o ammirazione ci sono delle persone con storie sacre e inviolabili. Giovedì ho visto delle vite che si sono raccontate, ma quelle vite non erano lì per me. Alì, che ora fa il mediatore culturale, e Ryan, che ha appena 18 anni, si sono offerti volontari per svolgere un compito che a volte può risultare emotivamente molto faticoso: formarci ed educarci illustrandoci cosa significhi per un ragazzino “imparare la geografia a piedi” anziché sui libri di scuola. Mi sono resa conto delle conseguenze di una prima accoglienza che ti dà cibo e un tetto sulla testa ma poi ti lascia nel tuo bagaglio a macerare e non ti da gli strumenti per metterlo in ordine, sigillarlo e portarlo con te, magari abbellito con i colori che più ti piacciono e reso più leggero dalle mani di chi si offre di aiutarti a sollevarlo. Ho percepito la delicatezza e l’accortezza delle loro narrazioni, così attente a non diventare carne da macello per noi occidentali, che amiamo usare i corpi come feticicci su cui riversare il nostro pietismo e la nostra eurocentrica megalomania. Quelle persone non sono lì per ricordarci che siamo fortunati e che non dovremmo lamentarci di ciò che abbiamo. Non sono lì nemmeno per essere adulati per la tragicità delle loro storie in una dicotomia che nasconde in realtà la stessa matrice. Noi su questo ci abbiamo riflettuto a lungo lì di fronte a loro, con il timore di risultare inappropriati nelle parole e nei pensieri. Ho visto nel modo in cui parlavano un desiderio di preservare il loro vissuto camminando sulla superficie della loro passata traversata come fanno certi ragni sugli specchi d’acqua.

Alì e Ryan (come tante altre persone immigrate qui in Italia) sono molto di più del loro passato, che nessuno osi rimestare e scavare in storie che appartengono solo a loro. Le domande insistenti e la tendenza a pensare che sia legittimo spremere fino all’ultima goccia di sangue ferite che a volte sono ancora aperte, come se la loro validità e legittimazione passasse proprio di lì, è una forma di violenza. Noi occidentali questo forse dovremmo impararlo, così come dovremmo ricordarci di ascoltare le voci di chi ogni giorno vive sulla propria pelle le discriminazioni sistemiche e la mancanza di un adeguato sistema di accoglienza e inserimento in società.

Napoli, 5 luglio 2022